Con una convocazione fissata per lunedì 15 settembre, la ditta Giovanna Sbiroli, diventata “Confezioni Putignanesi srl”, tenta in extremis di ristabilire, in un tentativo difficile, un dialogo con i suoi lavoratori e riprendere insieme un cammino tutto in salita.
Sono ventidue, la maggior parte donne, che al termine delle ferie, a fine agosto, non sono rientrati in fabbrica perché non c’è stato nessuno spiraglio, da parte della dirigenza, che desse loro la speranza di recuperare almeno una parte degli stipendi arretrati, fermi al mese dello scorso aprile.
Alla garantita continuità lavorativa non si era in grado di corrispondere il giusto salario. Rappresentati dal sindacato UILTEC Puglia-Bari, e sostenuti dal dirigente Stefano Laterza e Josè Mottola, avvocato lavorista, esasperati per promesse sempre venute meno, si sono ritrovati davanti ai cancelli dell’azienda la scorsa settimana per un sit-in di protesta.
Quattro ore ai bordi di una statale pericolosa per l’altissimo tasso veicolare, la 237 per Castellana Grotte, e striscioni di protesta, mentre dietro sventolano al vento le bandiere con le sigle sindacali che li supportano in tale vertenza, nel vano tentativo di essere ricevuti dalla dirigenza. Vertenza che s’incastra però con il periodo difficilissimo in cui si dibatte l’azienda che, dal 15 luglio scorso ha cambiato la sua denominazione sociale in: Confezioni Putignanesi srl.
Contestualmente, l’amministratrice unica della Società, Giovanna Carmela Sbiroli, investita di ampi poteri, ha inoltrato, presso la cancelleria della sezione fallimentare del Tribunale di Bari, richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo con espressa riserva di presentare entro 120 giorni il piano di soluzione della crisi.
Dal 2011, la prima azienda in assoluto, nata a Putignano una sessantina di anni fa per creare abiti da sposa, ma anche confezioni per bambini e abiti di prima comunione, versa in grosse difficoltà, dovute sia alla diminuzione dei matrimoni, sia al drastico calo del suo fatturato. L’elevato costo del lavoro e il dover far fronte ai pesanti obblighi bancari mettono quella che è sempre nota come “la Giovanna Sbiroli” o, più comunemente, la "Esse GI", nell’incapacità di corrispondere una perfetta regolarità di stipendi. Situazione diventata con il tempo insostenibile per i suoi dipendenti.
“Abbiamo lavorato per un anno con stipendio dimezzato, dice con rabbia una lavoratrice, per tentare di aiutare la nostra azienda, poi i pagamenti si sono diradati per cessare, nonostante le promesse, a metà giugno scorso”.
“Se si consegna, vi paghiamo, ci dicevano i titolari: Le fa eco un’altra lavoratrice, che disperata si chiede: “come si fa a continuare a lavorare senza essere pagati? E le bollette, i mutui, le spese di prima necessità come le paghiamo?”
Un’altra evidenzia: “Se ci sono commesse da evadere o da prendere, perché ci si ostina a non venire a patti?”
“Perché siamo in attesa che le procedure avviate siano espletate dagli organi competenti” è stata la laconica dichiarazione che siamo riusciti a strappare al figlio dell’amministratrice, Giampiero Lippolis.
“Nessuno vuole il male di nessuno”, dice Stefano Laterza della Uiltec Puglia, “non vogliamo affossare l’azienda perché anche per noi non è bello vederla andare a rotoli. Ma non si può invocare la Storia per non pagare chi vorrebbe ancora lavorare per la sua salvezza!” Intanto si guarda con ansia e rassegnazione, alla convocazione di lunedì prossimo.