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Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta del prof. Paolo Vinella che pone in evidenza i segni di sofferenza dei lecci presenti sul nostro territorio.

Da qualche tempo, su parecchi alberi di leccio del nostro centro urbano si notano segni di sofferenza.

Il leccio appartiene alla famiglia delle querce e, insieme al fragno, alla roverella ed alla quercia spinosa, è una  pianta endemica della macchia mediterranea del nostro territorio della Murgia dei Trulli. Grazie ad alcune sue particolari caratteristiche, è stata -e lo è tuttora- spesso utilizzata, anche a Putignano, per adornare ed ombreggiare strade, viali, piazze, giardini e parchi, pubblici e privati. Anche i meno esperti possono facilmente riconoscere questa pianta sempreverde grazie alla produzione di ghiande, il frutto-seme tipico delle querce, che matura e cade spontaneamente al suolo proprio in questo periodo.

Le querce in genere, compreso il leccio, sono conosciute sin dall’antichità per essere delle piante molto resistenti e longeve. Di persone che in età avanzata si mantengono attive ed in buona salute, siamo abituati a dire con piacere ed entusiasmo: “E’ una vecchia quercia!”.

Proprio per questo mi ha sorpreso notare segni di sofferenza su parte considerevole, già disseccata, delle chiome dei bei lecci del marciapiede che separa il cosiddetto parcheggio Nadir dalla carreggiata stradale di Via Martiri delle Foibe, sopratrtutto se si guarda dal lato interno al parcheggio. Altrettanto per i due lecci che, sul lato opposto, stanno all'inizio del viale che porta alla caserma dei Vigili del Fuoco. Piccoli rami disseccati si notano anche sui lecci del vicino parco urbano del quartiere Putignano 2000. Non mi è stato possibile effettuare un’indagine più estesa ed accurata.

Per un parere più autorevole mi sono rivolto ad un caro amico, il Perito Agrario Roberto Mele, per la sua professione particolarmente esperto di piante dei nostrI boschi e più recentemente coinvolto, per conto dell’ARIF (Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali) della Regione Puglia, nel lavoro di monitoraggio dell’infezione del batterio della xilella fastidiosa negli uliveti pugliesi. Da lui ho appreso che, a partire da alcuni anni, nel Salento sta destando preoccupazione un attacco causato da due parassiti delle querce -del leccio in particolare-, un coleottero ed una cocciniglia. Sempre lui mi ha indicato, come testimonianza, alcuni articoli di giornali locali che ne hanno dato notizia. Ne cito due, il primo, dal CORRIERE DEL MEZZOGIORNO di Lecce del 29.03.2010: GLI INSETTI DIVORANO LE QUERCE DEL SALENTO (“LECCE— Le querce salentine sono in pericolo. La specie arborea di gran lunga prevalente in Terra d’Otranto è minacciata da un pericoloso parassita che ne divora la linfa causando il disseccamento delle piante. L’allarme parte dall’Orto Botanico dell’Università del Salento che, insieme al Corpo Forestale dello Stato, ha rilevato la moria delle piante in diverse aree della provincia di Lecce.”) e il secondo, da  LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO del 01.08.2017:  ALLARME A CASTRO IN PERICOLO LE QUERCE UN PARASSITA LE DISSECCA – "L’allerta era stata già lanciata negli anni scorsi dall’Orto botanico del Salento e dal Corpo forestale, ma tutto è rimasta lettera morta."

Ovviamente,  non è il caso di creare inutili allarmismi anche qui da noi. Da parte mia, ritengo che i nostri amministratori, preso atto dello stato delle cose, ne informino gli enti e le istituzioni pubbliche dell’Area Metropolitana di Bari e della Regione Puglia, responsabili della tutela ambientale e del nostro già risicato patrimonio boschivo e forestale, per sapere esattamente, dagli addetti ai lavori, che cosa stia davvero avvenendo e, eventualmente, se e come intervenire.

IL NOSTRO TERRITORIO E LE NOSTRE QUERCE - IL FRAGNO, UNA QUERCIA SPECIALE DA VALORIZZARE

Nei tempi passati, al contrario di oggi, quasi tutto il territorio della Puglia era coperto da grandi foreste dominate da varie specie del genere Quercus (Quercia). Ancora oggi, nonostante i massicci disboscamenti, la Puglia vanta la presenza di ben dieci specie di querce.

Nel territorio di Putignano e dintorni (Murgia dei Trulli), in particolare, sono presenti, allo stato spontaneo, quattro specie endemiche di querce: 1 - il Fragno (Quercus trojana o macedonica); 2 – la Quercia spinosa (Quercus coccifera o calliprinos); 3 - la Roverella (Quercus pubescens); 4 – il Leccio (Quercus ilex). Però, mentre leccio e roverella sono presenti e più o meno diffuse in altri spazi ed ambiti della penisola italiana ed oltre, le altre due (Fragno e Quercia spinosa) sono molto particolari.

La Quercia spinosa, presente da noi in passato, è oggi molto rara ed a rischio di estinzione. Esiste ancora un bosco a Cassano Murge, mentre alcuni esemplari sono presenti in territorio di Casamassima e nel Salento. Casualmente, qualche tempo fa, ho scoperto, nel nostro attuale Parco di Putignano 2000, un giovane esemplare di quercia spinosa forse ormai unica nel territorio di Putignano e probabilmente preesistente rispetto alla sistemazione attuale del Parco stesso.

Il Fragno, di cui esistono estese foreste nei Balcani mediterranei, è invece particolare perché, in tutta l’Europa occidentale, è presente soltanto in un areale molto limitato della nostra Murgia di Sud-Est, nota come Murgia dei Trulli. Pianta boschiva che raggiunge dimensioni maestose, il fragno è tipico della zona murgiana tra Bari e Taranto che vede Putignano in posizione centrale. Perché, proprio e solo qui, questa presenza che si perde nella notte dei tempi, prima ancora della presenza umana? Qualche studioso ha avanzato l’ipotesi che i nostri boschi di fragno rappresentino un residuo delle foreste che -andando a ritroso nel susseguirsi delle ere geologiche- univano la Puglia ai Balcani prima che si formasse il Mare Adriatico. Si potrebbero fare altre ipotesi; certo è che il fragno ha trovato qui l’ambiente adatto per riprodursi, dove le temperature medie invernali sono attenuate dall’Adriatico e dallo Jonio e,quelle estive, dall’Appennino calabro-lucano (F.Macchia ed altri, Temperature invernali e dormienza delle ghiande, fattori responsabili della distribuzione di Quercus trojana Webb. In Puglia, in Giorn.Bot.It., vol.123, nn.1-2, 1989).

   Nel periodo invernale, i boschi e gli alberi isolati di fragno -con le loro foglie semipermanenti che, pur seccando, restano attaccate ai rami fino all’arrivo primaverile delle nuove foglioline- donano al nostro paesaggio rurale un aspetto singolare e molto  suggestivo, nel contrasto del loro stupefacente color di rame con il verde dei prati, il grigio dei pareti e l’azzurro splendente del cielo delle tiepide giornate soleggiate.

In altri posti, sicuramente sarebbe già stato realizzato un Parco naturalistico del Fragno. Per decenni, insieme a Legambiente, ci siamo impegnati in un progetto del genere. Il nostro impegno ed nostri sforzi si sono infranti davanti al disinteresse degli amministratori che si sono succeduti nel tempo. 

Per concludere, il frutto/seme di tutte le querce è la ghianda che matura in autunno e ci consente di riconoscere immediatamente il genere Quercus. La ghianda, coperta da un leggero strato di terra o addirittura semplicemente posata sul terreno -come quando, nel bosco, matura e cade al suolo-, germoglia molto facilmente, anche in un vaso sul balcone, per dare origine ad una nuova pianta. Provare per credere e per salvare le nostre querce, piantandole anche nei nostri giardini e parchi invece di tante piante che non ci appartengono. Già nel 1979, Fulco Pratesi e Franco Tassi, tra i più noti ed impegnati ambientalisti italiani e non solo, nel loro volume GUIDA ALLA NATURA DELLA PUGLIA, BASILICATA E CALABRIA – A. Mondadori Editore, segnalavano la Quercia spinosa ed il Fragno tra le piante da proteggere.

 

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